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Stress e cibo. Perché mangio di più quando sono stressato?

  • Immagine del redattore: debvermi
    debvermi
  • 26 ott 2020
  • Tempo di lettura: 2 min

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Photo by Alice Ravazzani

Mangiare è in genere un’esperienza piacevole che ci fa provare una sensazione di benessere.

È per questo motivo che si può creare un’associazione tra il comportamento (mangiare) e il pensiero (stare meglio). In alcune persone il cibo viene percepito come una risoluzione alla tensione interna e l’idea sottesa al cibarsi potrebbe essere: “quando mangio mi sento bene quindi sono meno stressato”. In questo modo la mente collega l'alimentazione con la risoluzione dello stress.

Monitorare la propria alimentazione è utile per vigilare sulla salute psicologica. Mangiare troppo o troppo poco possono essere infatti sintomi di difficoltà psicologiche. Ne sono un classico esempio la bulimia nervosa, l’anoressia nervosa e le abbuffate compulsive (binge-eating), le quali sono inserite nella grande categoria dei disturbi del comportamento alimentare. In queste situazioni il cibo diventa lo strumento attraverso cui manifestare la propria sofferenza (interna).

Per curare i disturbi alimentari può esser necessario ristabilire un’alimentazione corretta e durante la psicoterapia è consigliabile affrontare il proprio rapporto con il cibo (dieta, digiuno, vomito auto-indotto, abuso di lassativi, diuretici, iperattività fisica), con il proprio corpo e più in generale con se stessi.

Martina Trevisan è un esempio di resilienza. Campionessa del tennis italiano, per quattro anni si è dovuta ritirare anche a causa dell’anoressia nervosa. Si è affidata ad un centro specializzato e ha iniziato un percorso con una psicologa: «Senza di lei non ce l’avrei fatta, mi ha salvato. È stata un sostegno al quale appoggiarmi ogni volta che ne avevo bisogno […] Avevo altri tipi di obiettivi e sentivo che per riprendere col tennis dovevo prima risolvere i miei problemi interiori. […] Insegnavo un po’ a tutti, bambini, ragazzi, adulti e mi piaceva un sacco. Lavoravo volentieri fino a tardi e tornavo sempre a casa col sorriso. Ma dopo un annetto ho iniziato a chiedermi se fosse davvero quella la vita che volevo. Credo che certe domande siano arrivate quando dentro di me le cose stavano cambiando e iniziavo davvero a sentirmi meglio».


Debora Vermi

Psicologa Genova

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